|
|
da l’Unità del 13 gennaio 2007
Nico Azzi, funerali in chiesa con svastica
di Oreste Pivetta
La basilica di Sant’Ambrogio, la più bella chiesa di Milano, dedicata al patrono della città, si è aperta ieri nella tarda mattinata per i funerali di Nico Giuseppe Azzi, fascista ed ex terrorista nero.
Si è aperta anche ai naziskin, rapati a zero e in bomber e anfibi lustri che scortavano la bara, a un tricolore fascistissimo con l’aquila rampante sul fascio littorio, deposta su un cuscino di margherite bianche.
In attesa, sul sagrato altri addolorati camerati che sventolavano altre bandiere, stavolta con la croce celtica.
D’altra parte si sa che Nico Azzi, morto cinquantacinquenne per un colpo al cuore, si era avvicinato a Forza Nuova, che non s’è mai negato il piacere di certi lugubri simboli e che ieri, sul suo sito, ricordava Azzi così: «Le parole sono insufficienti a descrivere il dolore… Altrettanto povere sembrano le parole per descrivere il tributo di gratitudine e affetto che Nico ha saputo meritare nei confronti di tutte le generazioni forzanoviste, soprattutto verso le più giovani schiere militanti…». Nell’ideale eredità di Nico Azzi alcune bombe. La prima sarebbe dovuta esplodere sul treno Torino-Roma il 7 aprile 1973. Esplose invece tra le gambe di Azzi, mentre stava preparando l’innesco di due saponette di tritolo militare da mezzo chilo l’una nella toilette (dopo aver lasciato in giro, lui e i suoi compagni, un po’ di copie di Lotta Continua, tanto per far capire dove si dovessero cercare i colpevoli). Le altre erano le bombe a mano che aveva provveduto a fornire proprio lui per una manifestazione neofascista in quello stesso aprile a Milano: una venne lanciata e ferì un agente di pubblica sicurezza e un passante, la seconda uccise un altro agente, Antonio Marino, un ragazzo di ventidue anni. Vennero arrestati i resposabili, due fascisti, Maurizio Murelli e Vittorio Loi, il figlio del popolare Duilio, il campione di pugilato. Nico Azzi fu condannato per il treno a tredici anni di carcere, per le bombe a due: non le aveva lanciate, le aveva solo procurate. Al corteo di Milano non aveva partecipato Ignazio La Russa, che era allora segretario del Fronte della gioventù e che era entrato in prefettura per protestare contro i divieti imposti alla manifestazione. Ignazio La Russa (con il fratello Romano, parlamentare europeo) era invece ieri in Sant’Ambrogio, per salutare il vecchio amico della Fenice, cioè la famiglia milanese di Ordine Nuovo, capeggiata da Giancarlo Rognoni, coinvolto nelle indagini per la strage di Piazza Fontana (e condannato in primo grado).
Che i funerali di un ex terrorista, che aveva dimostrato ben scarso e ben poco cristiano rispetto della vita degli altri, si siano celebrati in Sant’Ambrogio, la chiesa simbolo quanto il Duomo della comunità milanese, ha ovviamente creato qualche malumore. Nico Azzi, se si fosse pentito dei delitti compiuti e tentati, avrebbe sicuramente chiesto un addio più discreto. Lo speriamo, anche se la discrezione non appare certo guidare i comportamenti di terroristi, pentiti o no, rossi o neri. Persino l’abate di Sant’Ambrogio, monsignor De Scalzi, s’è sentito in dovere di giustificare: la figlia frequentava l’oratorio, non c’è attinenza con il valore simbolico della basilica. Durante l’omelia s’è sentito l’officiante ricordare quanto Nico Azzi fosse diventato padre premuroso: «A volte ci sembra imperfetta la vita delle persone, ma questo papà che è passato, è stato capace di lasciar cadere la goccia dell’amore. Nella vita di ogni persona niente va sprecato». Un padre premuroso, ricordava anche Ignazio La Russa, che insorgeva invece contro chi aveva sollevato obiezioni alla messa nella basilica milanese: «Dimenticano la pietà cristiana. Discriminazioni odiose…». Una chiesa, per quanto importante, non si sarebbe dovuta negare a nessuno, fascista o ex fascista. Per un funerale, poi… Forse la si sarebbe dovuta negare al fascio littorio, che è il simbolo di una tragedia e di ben più odiose discriminazioni (e persecuzioni). Ma una Chiesa, che non si è negata al terrorista nero Nico Azzi, la si è negata a un altro morto. La pietà cristiana si è ritratta, la Chiesa non ha aperto le braccia, all’improvviso si è scoperto un divieto, si è scoperta una scomunica. A Piergiorgio Welby, per l’estremo saluto, si è lasciata la strada.
la repubblica 13 GENNAIO
di TERESA MONESTIROLI
Cerimonia con labari, aquile e fasci littori: è polemica.
Rifondazione: gli consigliamo di non venire
Davide Romano degli Amici di Israele: con Ignazio ci siamo già sentiti, gli ho confermato che può partecipare
L´esponente di An: ero lì in forma privata, sulla manifestazione del 27 gennaio decida chi mi ha invitato
«Non venga al corteo della Giornata della Memoria perché sarebbe contraddittorio e strumentale». È un consiglio duro, senza appello, quello che il parlamentare di Rifondazione Comunista, Augusto Rocchi, rivolge a Ignazio La Russa dopo aver saputo della sua presenza ai funerali di Nico Azzi (terrorista di destra condannato per l´attentato al treno Roma-Torino del 7 aprile 1973) nella basilica di Sant´Ambrogio, tra croci celtiche e fasci littori. Lo stesso La Russa che, il giorno prima, aveva accettato con entusiasmo l´invito degli Amici di Israele a partecipare alle celebrazioni delle vittime dell´Olocausto.
L´adesione di La Russa al saluto del militante di estrema destra fa scoppiare la polemica. E non solo tra le fila di Rifondazione. Critici anche i Ds, che avevano applaudito all´iniziativa di Davide Romano di estendere a tutto il centrodestra l´invito alla manifestazione del 27 gennaio. «Continuo a pensare che la proposta degli Amici di Israele sia importante perché introduce elementi di novità e parla di valori comuni ai diversi schieramenti – commenta Franco Mirabelli segretario dei Ds – per La Russa resta un problema di coerenza. Mi pare che l´invito di Romano si riferisse solo a coloro che prendono le distanze da chi ha effettuato quei crimini».
«La Russa deve decidere da che parte sta – dice invece Rocchi di Rifondazione – non si può un giorno stare con i carnefici e l´altro con le vittime degli stessi carnefici. La sua presenza al corteo sarebbe provocatoria. Non gli rinfaccio il suo passato purché dimostri, con comportamenti inequivocabili, di aver rotto i ponti». Chiede coerenza anche il segretario di Rifondazione Nello Patta che legge la presenza di La Russa in Sant´Ambrogio come «una conferma dell´incapacità di An di prendere le distanze da gruppi neonazisti e da posizioni che stanno fuori dalla legalità costituzionale». E commenta: «È stato un gesto fatto con una disinvoltura impressionante che ci lascia stupefatti. Ora dovrebbe essere lo stesso La Russa a tirarsi indietro dal corteo».
Ma l´intenzione dell´onorevole di An sembra un´altra. «Non vedo la contraddizione – spiega – la mia presenza in chiesa non è stata politica ma personale. Volevo salutare la madre di un ragazzo che ho conosciuto quando aveva 16 anni. Non tocca a Rifondazione decidere se è il caso o meno che io vada alla manifestazione del 27. Ne discuterò con chi mi ha inviato». Cosa per altro fatta già ieri sera, in una telefonata a Davide Romano. Che spiega: «Con La Russa ci siamo già chiariti. Mi ha spiegato che la sua partecipazione ai funerali è stata umana e non politica. Quindi l´invito resta confermato».
Ma il presidente dell´Anpi Tino Casali non nasconde la sua perplessità: «L´adesione di La Russa al nostro corteo si scontra con quella ai funerali di un neofascista. Mi pare una forzatura voler mettere insieme coloro che hanno combattuto per la libertà e la democrazia con quelli che hanno avuto ruoli nella Repubblica Sociale». Conclude Emanuele Fiano, parlamentare diessino: «Romano ha posto una questione giusta da un punto di vista etico perché oggi gran parte della destra non è stata fascista e non vedo perché non possa partecipare al corteo. C´è però un problema di comportamenti personali: essere antifascisti significa rompere anche con il neofascismo».