pubblicato il 11.06.09
Finalmente libero «Il leone del deserto» ·
Finalmente libero «Il leone del deserto»
Nell'82 lo censurarono, il primo ministro Giulio Andreotti e Raffaele Costa, liberale, sottosegretario agli affari esteri, decisero che il film di Mustafa Akkad insultava l'esercito italiano, anzi di più, che era «lesivo della dignità nazionale». Infatti Il leone del deserto racconta la guerra coloniale dei fascisti italiani in Libia, e la resistenza libica guidata dall'eroe arabo Omar Mukhtar senza tacere la ferocia dei militari italiani sempre celata dalle storiografie nostrane quando si parla del colonialismo, affrancato alla Storia (con poche e per fortuna fulminanti eccezioni) come un colonialismo buono - definizione in sé assurda: in quale modo una forma di oppressione economica e culturale può essere «buona»? Mukhtar è stato impiccato dai fascisti, e il film ci dice come il generale Graziani interpretò gli ordini del Duce, nonostante il dissenso degli ufficiali «normali», sperimentando in quella guerra il genocidio chimico dei libici e i campi di concentramento.
Sei anni dopo la Digos bloccò una proiezione a Trento, nel 2003, Giuliano Urbani, ministro della cultura del governo Berlusconi, davanti all'ennesima interrogazione parlamentare che chiedeva la revoca della censura e la messa in onda sulla Rai, non concesse il nulla osta. Così il film in Italia è rimasto invisibile, nonostante le scene di battaglia spettacolari e un cast di star - Anthony Quinn, Rod Steiger, Oliver Reed, Raf Vallone, Irene Papas, se si esclude una proiezione quasi clandestina al festival di Riminicinema nell'88.
È dunque un evento la programmazione domani (Sky classics, 21.00) del Leone del deserto, in occasione dell'arrivo a Roma del leader libico Gheddafi. Akkad che viveva da decenni negli Stati uniti, dove ha prodotto l'intera serie di Halloween, è morto nel 2005 in un attentato a Amman.
Certo, i tempi oggi sono cambiati, Berlusconi (Raffaele Costa è approdato al Pdl) ha stretto accordi con la Libia di Gheddafi per combattere l'immigrazione «clandestina» - il primo «frutto» sono state le due navi respinte in Libia il mese scorso. E i racconti dei migranti dalle carceri libiche non sono proprio rassicuranti (vedere il bel Come un uomo sulla terra).
Ma queste sono altre storie, pure se ugualmente occultate. Ciò che conta, o che sarebbe importante, è che al di là della demagogia, a partire da questo film si rifletta in modo problematico sulla nostra storia coloniale, oltre il luogo comune appunto, che le guerre imperiali italiane sono meno feroci. Ripensando a quel buco di immagini/immaginario che c'è sul passato coloniale italiano, respinto ai margini del cinema (pensiamo agli ostacoli i che ha trovato in Italia Haile Gerima con Teza, sul colonialismo italiano in Etiopia).
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