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IL MARIO LUPO VIVE E VIVRA’ ANCORA
Il 7 ottobre sarà ricordato a Parma. Soprattutto da quella Parma antifascista e popolare che non accetta le logiche liberiste e commerciali della giunta di centro destra (la prima non di sinistra dal dopoguerra) guidata dal sindaco Ubaldi.
Il 7 ottobre un ingente schieramento di polizia e carabinieri circonda il Centro Sociale Mariano Lupo occupato nel 1980. Uno spazio alternativo alle logiche della città-impresa e della città dell’apparente benessere alla quale i poteri forti dell’economia e della politica vogliono dare un aspetto “degno” di una città europea.
In una città dove le crisi occupazionali e sociali non possono nascondersi – e lo scandalo Parmalat, i problemi societari di ditte quali l’Arquati, Bormioli, Ds Data System e Barilla, che non versa in ottime condizioni, senza parlare delle numerose piccole imprese, che rappresentavano il vero distributore della ricchezza diffusa della provincia – da qualche anno, benché salari, stipendi e servizi non siano dei migliori, l’amministrazione comunale ha iniziato una serie di “grandi opere”che di pubblico hanno solo l’esborso di denaro per realizzarle. Non si vuole entrare nel merito ma solo evidenziare la sordità della giunta alle richieste dei vari comitati di quartiere che lamentano disagi e spazi di ascolto mentre il decisionista Ubaldi va dritto per la sua strada come a voler solo dare ascolto alle richieste delle ditte che man mano vengono aggiudicate appaltatrici, e gira e rigira i nomi o i prestanomi non cambiano più di tanto.
Lo Spazio Sociale Mariano Lupo, come i tanti (ma sempre meno) spazi alternativi sparsi nella penisola denunciava le logiche speculative e nei suoi venticinque anni non ha risparmiato neanche le giunte di sinistra dalla critica.
Vedete, venticinque anni di lotte e di radicamento tra la gente non possono cancellarsi con la polizia e con uno sgombero, vivamente caldeggiato da un’estrema destra politica divenuta provvidenzialmente democratica. Un estrema destra che vuole la morte politica di quel posto, probabilmente per altre ragioni di quelle di Ubaldi, ma che trova con la giunta unità di intenti, come nella storia dell’Italia repubblicana si ritrovarono gli squadristi fascisti e la borghesia agraria e imprenditoriale. Una destra che si maschera democratica ma che negli anni dell’omicidio Lupo trovava molti dei suoi attuali militanti o simpatizzanti collaterali a quei gruppi neofascisti estranei alla democrazia.
E qui dobbiamo aprire il cassetto della memoria, della storia che ancora una volta può essere chiarificatrice. Soprattutto se si pensa al progetto lanciato da ultimo dallo Spazio Sociale, sostenuto da diversi studiosi e ricercatori storici locali, di fare all’interno della struttura un centro di documentazione antifascista.
Il perché quel posto, situato nel vecchio macello comunale, si chiama Mariano Lupo, racchiude molte spiegazioni e forse riceve essenza e linfa dalla Parma medaglia d’oro alla Resistenza che serba ancora il ricordo dei barricadieri dell’Oltretorrente che nel 1922, guidati da eroi popolari come Guido Picelli e Antonio Ceri, respinsero i fascisti di Balbo venuti in forze per espugnare la cittadina.
Mariano Lupo era un diciannovenne militante di Lotta Continua, immigrato dalla Sicilia, che nel 1972 veniva ucciso, premeditamene, da un gruppo di fascisti mentre si recava al cinema.
La città, come molte altre che in quegli anni assistevano al piano portato avanti da servizi di Stato e forze della reazione ispirato alla “teoria degli opposti estremismi”, piangeva un suo figlio e le parole del sindaco partigiano G. Ferrari, il partigiano Arta, sono a testimonianza delle profonde radici antifasciste e democratiche della città. Ai funerali di Lupo ci furono oltre quarantamila persone e altrettante bandiere rosse. Non c’era solo Lotta Continua, il Movimento Studentesco, Il Manifesto, il Pcd’I, il Pci, che subito non colse il pericolo proveniente dalla destra estrema, ma c’era la gente dei borghi, quelli delle periferie, i metalmeccanici, i vecchi partigiani, una città intera che non nascondeva la commozione.
In loro e per loro Mariano Lupo riviveva.
Mario Lupo nessuno lo voleva dimenticare così compagni, militanti, amici e simpatizzanti nel 1980 gli dedicarono lo Spazio occupato che si proponeva la sensibilizzazione alle tematiche dell’antifascismo ma che nel corso degli anni si occupò anche di controinformazione, di antipsichiatria, di lotte per la casa e per il salario, ponendosi in prima fila nelle mobilitazioni contro le guerre e a fianco della resistenza dei popoli oppressi. Ben presto in città, e non solo, divenne punto di riferimento di giovani proletari e di individui, soli o associati, che credevano in un altri rapporti tra le persone, rapporti imperniati alla solidarietà, alla giustizia ed al rifiuto delle logiche di potere. All’interno veniva anche allestito il mercatino del libro usato che denunciava gli alti costi della cultura come veicolo di emancipazione sociale e gruppi di studenti si riunivano per un libero sapere slegato dal mercato e per una scuola di tutti e di tutte.
Così Mariano Lupo viveva ancora.
Diverse le iniziative di analisi e denuncia sulla situazione delle carceri nel nostro paese e la solidarietà a chi di carcere moriva o per questo rinunziava ad una parte della sua vita, magari solo per il fatto di essere comunista o anarchico, o per il sol fatto di non avere il portafoglio gonfio per pagarsi i più bravi avvocati.
Varie vicende alternarono lo spazio e diverse le iniziative con realtà alternative italiane, ma non solo. Rappresentanti palestinesi e dell’est europeo, dei movimenti di liberazione dell’America Latina e rappresentanti del sindacalismo di classe portavano in città la voce soffocata dai potenti e dagli stessi media dipendenti.
Si usarono le armi dei volantinaggi, dei manifesti, dei presidi, per gridare che il lavoro è un diritto, che per esso non si può crepare, che la precarietà, il lavoro interinale, creano solo profitti per pochi e miseria per molti, che si può solo affittare una casa (a prezzi bassi, se proprio non deve essere un umano diritto avere un tetto sulla testa) non il lavoro e quindi l’intera vita delle persone. Le persone hanno dignità per il solo fatto di essere persone e soprattutto la dignità non può essere schiacciata, affittata. Queste cose gridavano a gran voce i militanti, i giovani o meno giovani, ma sempre ragazzi, dello Spazio Sociale.
E Mariano Lupo viveva ancora.
Da ultimo si iniziò a denunciare cosa vi era di marcio in una città che cominciava ad essere solo la vetrina d’Europa mentre al suo interno spettri che prima non investivano la ricca cittadina del culatello, del parmigiano e del prosciutto, ora aleggiano sulle teste di tanti. Forse è un discorso generale ma a Parma il tenore di vita si è abbassato, l’occupazione è in calo, soprattutto quella dignitosa da permettere una vita decorosa, le povertà sono in aumento e con essa il disagio sociale.Ed anche se le statistiche vengono livellate dai redditi sempre più alti di sempre meno persone i servizi sociali non si manifestano al passo del crescente disagio, mentre il denaro pubblico viene investito in opere megalomani e costosissime.
Dicevano e pretendevano, forse un po’ ingenuamente, giustizia, dignità uguaglianza. Per questo gli ingenui ragazzi del Lupo dovevano sparire dalla scena e lasciare il posto alla fluida società della merce e dell’ipocrisia.
Sotto una pioggia incessante per 18 ore cinque militanti hanno resistito allo stremo delle forze sul tetto dello stabile mentre un interrotto presidio di 200 persone si stringeva a loro e al cuore della Parma che resiste e non ci sta. Mentre le trattative con parlamentari, consiglieri comunali e provinciali che si recavano sul posto, vista la grave situazione di pericolo, proseguivano per risolvere il problema. Il comune rimaneva del suo parere: sgombero e concessione di neanche 20 mq di spazio in periferia, lontano dal centro che invece dovrà apparire bello ed elegante, pronto agli appariscenti quanto falsi tappeti di porpora di banche e banchieri, imprenditori e politici (si fa per dire).
Fino alle 23 circa si è resistito ma non era possibile andare oltre.
Ora la città è pronta a non avere più un’”altra voce”, a non avere più “quei ragazzi vestiti strani”. Ma venticinque anni valgono ancora lotte e abbiamo giurato su Mariano Lupo, su quei ragazzi sul tetto, sugli ideali in cui crediamo che la lotta continua, che non ci si ferma qui. La solidarietà ricevuta da compagni-e di molte città anche con la loro presenza fisica, da forze politiche della sinistra, da associazioni, da partigiani che sotto il presidio ci hanno portato i canti del loro tempo, da sindacati e sindacalisti, dall’intero movimento ma soprattutto da tanta gente comune che inizia a capire l’importanza di quel luogo e dei suoi messaggi, è l’arma più potente, é quell’arma capace di rompere il feroce connubio tra l’opulente ingiustizia di chi dirige e comanda per l’interesse di pochi e l’oblio complice, spesso inconsapevole, della massa amministrata ed anestetizzata dai sistemi di controllo che non solo i regimi per così dire dittatoriali riescono a mettere in atto.
La lotta inizia proprio ora non solo dal punto di vista legale per le irregolarità durante lo sgombero e la pericolosità alla quale hanno esposto gli occupanti e gli operai del comune demolendo il pavimento sottostante, ma politicamente e socialmente. Sulle vetrine dorate dell’autority non ci saranno solo i falsi sorrisi liberisti del sindaco Ubaldi e dei suoi faccendieri ma anche la denuncia di chi non ci sta, dell’opposizione che nasce dal cuore e dalla base della città.
Così Mariano Lupo ed una intera città ritorneranno ancora una volta a lottare fianco a fianco.
Sabato 15 ottobre ore 15,30 manifestazione per Il Centro Sociale Mariano Lupo, concentramento p.le della Stazione con corteo cittadino
Piero (per il Centro Sociale Mariano Lupo)
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