- Paolo Berizzi a Parma: "I fascisti hanno rialzato la testa a causa della sottovalutazione del fenomeno"
- Paolo Berizzi e Verona, la città laboratorio dell’estrema destra
INTERVISTA – Il giornalista di Repubblica, ospite di CGIL in Fiera a Verona
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Parma
Il giornalista e scrittore ha presentato a palazzo del Governatore il suo libro Verona, la città laboratorio dell'estrema destra
07 Febbraio 2022
Piazza Garibaldi presidiata dalle forze dell'ordine ma nessun problema di ordine pubblico si è registrato in occasione della presentazione del libro È gradita la camicia nera del giornalista di Repubblica e scrittore Paolo Berizzi, il cui arrivo a Parma è stato preceduto dalla contestazione notturna di un gruppo di militanti di CasaPound.
Tanti gli attestati di solidarietà ricevuti da Berizzi, fra cui quello dell'Ordine regionale dei giornalisti.
"Desideravo raccontare una realtà che è locale ma allo stesso tempo nazionale. È un libro su Verona ma anche sull’Italia e sull’Europa. Racconta un fenomeno che a Verona è molto radicato e diffuso - città che definisco il vero laboratorio dell’estrema destra – ma è un fenomeno diffuso a livello nazionale ed europeo. I fascisti hanno rialzato la testa e lo hanno fatto a causa della sottovalutazione al problema che c’è stata in tutti questi anni", spiega l'autore a margine della presentazione organizzata a palazzo del Governatore.
"A Verona è molto presente perché lì l’estrema destra è entrata nel governo cittadino ed è stata istituzionalizzata, sdoganata. Se quel modello diventerà nazionale credo che gli equilibri della nostra democrazia potrebbero subire degli scossoni. Verona è legata al fascismo storico di Mussolini e alla stagione della Rsi, la Repubblica sociale italiana. Poi c’è un filo nero che collega la città a storie come quelle dei neofascisti ed eversivi degli anni Settanta - Ordine nuovo, la Rosa dei venti, Avanguardia nazionale, il Fronte nazionale di Franco Freda -. Verona ha fatto quindi da officina al fascismo fino ad arrivare ad oggi e ai gruppi come CasaPound, Forza Nuova, Veneto Fronte Skinheads, e altri che riportano il fascismo nelle piazze e nella cronaca".
Realtà che Berizzi ha studiato e ha denunciato in inchieste e reportage. E per questo da tre anni vive sotto scorta.
"A Verona ci sono però anche delle realtà antifasciste e democratiche, che combatte i fascismi e si batte per la tutela dei diritti di tutti. Purtroppo però questa Verona virtuosa è schiacciata dall’immagine della Verona nera. È un problema nel problema. Scrivo questo libro anche per spronare la parte dela città virtuosa ad alzare la testa e farsi sentire".
"Lo striscione di CasaPound in piazza Garibaldi? Penso che abbiano molto tempo da perdere. Hanno l’abitudine di uscire di notte, caratteristica dei fascisti da sempre perché non hanno mai avuto molto dimestichezza con il coraggio. Se la condizione per far sì che i fascisti tolgano definitivamente il disturbo sia quella di trovarmi un altro lavoro, allora mi troverei un nuovo lavoro molto volentieri".
Paolo Berizzi e Verona, la città laboratorio dell’estrema destra
INTERVISTA – Il giornalista di Repubblica, ospite di CGIL in Fiera a Verona, racconta il lungo filo nero che lega Ludwig all’omicidio Tommasoli, fino ai giorni nostri
12/01/2022
INTERVISTA – Venerdì 14 gennaio alle 20:30 il giornalista Paolo Berizzi presenta in Fiera a Verona il suo libro È gradita la camicia nera: Verona, la città laboratorio dell’estrema destra. All’incontro partecipa Maurizio Landini e l’evento si potrà seguire online sulla pagina di Cgil.
Paolo Berizzi: «Verona è piena di bellezze e ricchezze ma da molti anni c’è un problema che ho voluto raccontare: c’è una certa politica che va a braccetto con le nuove camicie nere. Ho dedicato il libro a Nicola Tommasoli perché la destra veronese ha portato nel palazzo proprio quei gruppi ai quali gli assassini di Tommasoli si sentivano vicini».
– Berizzi, alla fine siete riusciti a trovare una luogo per la presentazione del libro: quali sale avevate richiesto al comune di Verona?
Berizzi. «La casa editrice Rizzoli ha indagato la disponibilità di sale sia pubbliche sia private, incassando dei “no” imbarazzati. Ma non mi interessa alimentare polemiche né con il Comune né con il sindaco Sboarina. Ricordo solo che nel 2019, quando l’estrema destra veronese mi minacciò – anche di morte – per giorni, il sindaco di Verona rimase in silenzio e fece da spettatore. Nessuna condanna, nessuna presa di distanze. In più, due mesi dopo la presentazione di NazItalia, che grazie agli ultrà neofascisti diventò un problema di ordine pubblico, rispondendo fuori tempo massimo a una richiesta presentata da un consigliere comunale di centrosinistra, riuscì a dire che il clima di tensione era stato creato ad arte dalla sinistra. Surreale».
– Per qualcuno i suoi libri e il suo racconto di una Verona laboratorio delle destre è un’offesa che scredita la città e i veronesi…
Berizzi. «Denunciare i problemi di una città, e quindi portarli a galla, non è discriminazione, anzi. È un atto di riguardo e di affetto verso un luogo bellissimo com’è Verona. Col mio libro porto alla luce un problema che viene tenuto sotto il tappeto. È il mio mestiere ed è un libro di fatti e di notizie con nomi e dati. Verona ha questo problema da molti anni. C’è una Verona democratica, antifascista, votata all’accoglienza e al volontariato di cui si sa pochissimo perché c’è una Verona nera che la tiene in ostaggio mediaticamente. Ho voluto dare il mio contributo perché i problemi vanno affrontati e risolti e per poter dare così spazio a quella Verona virtuosa, progressista, antirazzista».
Sala Lucchi, 26 giugno 2019, presentazione del libro Nazitalia di Paolo Berizzi. In primo piano Andrea Bacciga, al tavolo Guido Papalia, Carlo Verdelli, Paolo Berizzi e Pier Paolo Spinazzé
Sala Lucchi, 26 giugno 2019, presentazione del libro Nazitalia di Paolo Berizzi. In primo piano Andrea Bacciga, al tavolo Guido Papalia, Carlo Verdelli, Paolo Berizzi e Pier Paolo Spinazzé
– Nel suo primo capitolo lei elenca vari fattori che hanno costruito una sostanziale accettabilità della deriva veronese: che ruolo hanno o hanno avuto i media anche locali in questo processo?
Berizzi. «Il fenomeno dell’estrema destra in generale è stato raccontato troppo poco, sia dai media, sia da parte della politica e dalle forze dell’ordine. Verona è il vero laboratorio dell’estrema destra e credo che anche su scala locale i media lo abbiano sottovalutato e non lo abbiano raccontato abbastanza. È un problema imbarazzante e scomodo perché nella narrazione e nell’immaginario collettivo Verona – grazie a questi fatti di cronaca – è vista da molti non come la città dell’amore ma come una città che discrimina, con una curva che inneggia ad Adolf Hitler e espone fantocci impiccati che rappresentano calciatori di colore. C’è stata una narrazione edulcorata negli anni ed è il motivo per cui ho scritto questo libro. Ho deciso di portare alla luce il “modello Verona” come una possibile opzione futura per la destra italiana, cioè lo sdoganamento dell’estrema destra a livello istituzionale».
– Tornando al libro, le faccio la stessa domanda che lei ha fatto a Wolfgang Abel su Ludwig: perchè questa “roba” nasce a Verona?
Berizzi. «C’è un concetto che attraversa il libro: chi non incarna le icone del buon butel veronese è un diverso che va eliminato, annichilito. E Ludwig uccideva il diverso. Abel e Furlan erano l’archetipo del brao butel veronese. Ludwig rappresenta un precedente, cioè una prima espressione di odio verso il diverso, verso chi non era un brao butel. Ludwig elimina il diverso, i senzatetto, i gay (ricordo che al Family Day di Verona i gay venivano definiti dei malati). Ludwig nasce e cresce a Verona, è un odio che non attecchisce nelle periferie bensì nella buona borghesia veronese. Sia Abel sia Furlan, che vogliono una Verona “bella fuori e pulita dentro”, sono figli di quella borghesia. Dopo Ludwig quell’odio verso il diverso viene portato avanti da altri gruppi, il cui culmine è stato poi l’omicidio Tommasoli»
Paolo Berizzi e Maurizio Landini in Fiera per la presentazione del libro "È gradita la camicia nera: Verona, la città laboratorio dell’estrema destra"
14 gennaio 2022, Paolo Berizzi e Maurizio Landini in Fiera per la presentazione del libro “È gradita la camicia nera: Verona, la città laboratorio dell’estrema destra”
– Nel suo libro lei scrive che l’omicidio Tommasoli è una cartina tornasole che racconta il degrado ideologico della città: ci vuole dire perché?
Berizzi. «L’odio verso il diverso è il presupposto dell’omicidio Tommasoli, a cui dedico il libro: Nicola Tommasoli era diverso perché portava i capelli lunghi raccolti in una coda, una colpa di cui si era macchiato e che è stata sufficiente per essere aggredito e ucciso. Come disse l’allora procuratore generale Guido Papalia, la matrice di quell’omicidio era razzista e discriminatoria: era odio verso il diverso. Eppure i cinque che lo uccidono sono brai butei veronesi, ultrà dell’Hellas simpatizzanti dell’estrema destra. Dell’omicidio Tommasoli però ci fu una rapida rimozione collettiva: ricordo che furono tolti in fretta i ceri e i fiori riposti a Porta Leoni, dove avvenne l’omicidio. Ricordo inoltre ciò che Sboarina disse a Chiara Stella, insegnante di Verona, durante un incontro in municipio con i genitori di Nicola: “Vogliamo parlare dell’omicidio Ramelli? (militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 a Milano da estremisti di sinistra, ndr)”».
– Che idea si è fatto delle destre veronesi a pochi mesi dalle elezioni amministrative?
Berizzi. «Non ho la presunzione di esprimermi sulla campagna elettorale a Verona, però da osservatore esterno posso dire che avviene in un periodo storico in cui in Italia la propaganda divisiva e discriminatoria è stata abbracciata dai sovranisti di Lega e Fratelli d’Italia, che non a caso governano a Verona da quasi vent’anni. Fratelli d’Italia è un partito che affonda le sue radici nella tradizione fascista che ha ancora nel suo simbolo la fiamma che arde sulla tomba di Mussolini. I partiti sovranisti a Verona governano prima con Flavio Tosi, che ha sdoganato quel mondo, e poi con Federico Sboarina, che tre mesi fa aderisce a Fratelli d’Italia».
14 gennaio 2022, il pubblico presente alla presentazione del libro di Paolo Berizzi
14 gennaio 2022, il pubblico presente alla presentazione del libro di Paolo Berizzi
– Si immagina ancora una campagna elettorale come quella del 2007 in cui si cantava “chi non salta, tunisino è”?
Berizzi. «Tosi ha compiuto una parabola politica particolare. Nei primi anni era molto forte ma quando è diventato moderato ha perso consensi, a riprova del fatto che per la destra veronese va di moda la camicia nera più che la moderazione. Di fatto, quel laboratorio viene implementato e in consiglio comunale ora c’è Andrea Bacciga, che sta affrontando un processo per aver fatto il saluto romano alle attiviste di Non una di Meno e rivendica da sempre la sua ideologia.
In Sboarina colgo segnali di debolezza e alcune crepe nel fronte che dovrebbe sostenere la sua candidatura. C’è da vedere quali partiti e quale destra sosterranno Tosi, che sul territorio è molto più popolare di Sboarina. Poi c’è un tema che riguarda la Sinistra, da anni debole sia a Verona sia in Veneto. Non ho capito se la candidatura di Damiano Tommasi è ufficiale… Quella di Tommasi è un’opportunità grande visto il suo presente e passato professionale ma mi chiedo se può bastare in una città che da tempo è di fatto amministrata da una destra sovranista che va a braccetto con le camicie nere».
– L’estrema destra c’è solo a Verona?
Berizzi. «A Verona come da nessun’altra parte l’asse tra estrema destra e partiti sovranisti si è consolidato, ecco perché Verona è un caso unico, aiutata dalla storia, dal passato, dalla tradizione. Anche in altri luoghi l’estrema destra è presente ma solo a Verona ha trovato quella legittimazione che fa sì che non si provi più vergogna ad essere fascisti, anzi. Prima i fascisti si vergognavano ad uscire allo scoperto, oggi dirsi fascisti è la cosa più normale del mondo. Dal momento in cui quel mondo viene legittimato, perché i giovani dovrebbero prenderne le distanze? La mamma di Nicola Tommasoli lo dice chiaramente: a Verona fa figo dirsi fascisti, fa figo vestirsi con certi capi d’abbigliamento usati da quei gruppi. La mamma di Nicola dice anche che guardando ai giovani d’oggi le sembra che l’omicidio di suo figlio non sia servito a nulla. C’è anche un’estetica fascista che è rimasta, si è evoluta e consolidata proprio perché la politica che distribuisce il potere e le poltrone delle aziende partecipate ha legittimato e sdoganato quel modello».